Iniziò a tagliare borse, scarpe e capi in pelle per alcuni produttori locali a metà degli anniSettanta, per arrotondare lo stipendio: quelli che inizialmente sembravano scarti di produzione e cheben presto sommersero la sua cantina si rivelarono però il punto di partenza di quella che oggi èun’importante azienda a conduzione familiare di accessori in pelle per l’abbigliamento e le calzatured’alta gamma. Luciano Vivolo ha fondato questa realtà che porta il suo nome nel 1977 ed è stato proprio lui ainaugurare ieri la nuova sede a San Lazzaro di Savena insieme ai quattro figli — che ricoprono ruolimanageriali — e alla sindaca, Isabella Conti.

Uno stabilimento produttivo di diecimila metri quadri che, in realtà, è operativo dal 2020 e che èstato ricavato dal recupero di un edificio preesistente grazie al progetto dell’architetto AntonioIascone: per l’azienda ha significato «un investimento di 20 milioni di euro – ha sottolineato ilfondatore e presidente –, necessari per un posto di lavoro sostenibile, dotato di pannellifotovoltaici e di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, tecnologico e 4.0».

Più di 100 i macchinari per realizzare etichette, particolari in pelle, toppe, cinturini perl’abbigliamento — settore che riveste il 90% della produzione — per un totale di otto milioni di pezziall’anno e un magazzino da 200 mila metri quadri di pelle a disposizione dei marchi clienti: Chanel,Louis Vuitton, Armani, Versace sono solo alcuni esempi. All’interno dello stabilimento sono «80 i dipendenti — ha poi aggiunto Vivolo— con un 85% di donne eun’età media di 30 anni. Ma guardando all’indotto esterno si arriva anche a 200 lavoratori.

Nei prossimi due anni l’intento è di assumere altre 20 persone, da impiegare nei settori calzature epelletteria, dagli ampi margini di crescita»: è su questi che si vuole puntare da qui al prossimofuturo. E, a proposito di crescita, da una parte si guarda a quella economica, con un 2023 che dovràconfrontarsi con un 2022 chiuso con «un più 30% rispetto all’anno precedente e un fatturato di 20milioni», ha quantificato Vivolo, ma dall’altra si guarda anche a quella delle competenze: «Difficiletrovare manodopera specializzata— ha aggiunto — , per questo è fondamentale la collaborazione con leuniversità». Un primo passo in questa direzione è stato compiuto con un concorso insieme all’Accademiadi Belle Arti di Bologna, destinato a proseguire per sviluppare competenze e creatività specifiche perun settore altamente tecnologico e innovativo.Tutto questo fa di Vivolo un’azienda dal respirointernazionale, partita da quell’idea di distribuire scarti trasformati in toppe: prima nellemercerie, poi ai grossisti e, nel 1980, a nche come gadget di Amica.

Articolo pubblicato su Corriere di Bologna.