Come annoverare tra i propri clienti le griffe top del lusso e i grandi brand del fast fashion. Lo spiega a La Conceria Luciano Vivolo, fondatore dell’omonima azienda, leader nella produzione di accessori in pelle per abbigliamento, calzatura e pelletteria. “Il servizio che offriamo è identico, ma cambia la materia prima, ovvero la qualità della pelle” spiega l’imprenditore felsineo. “Ora puntiamo ad espanderci nella calzatura e nella pelletteria e ad aggredire il segmento premium/medio dove però c’è molta più concorrenza”.

Alla scoperta di Vivolo

Nel 1977, per rammendare i pantaloni del figlio, Luciano Vivolo prende degli scarti di pelle generati dalla lavorazione calzaturiera e realizza delle toppe. Propone la soluzione alla merceria sotto casa. Poi, insieme alla moglie Marianna, comincia a proporre l’idea ad un’altra merceria bolognese. E così via. Nasce così l’azienda Luciano Vivolo “che oggi non ha competitor nel mondo” sottolinea con orgoglio il fondatore. Oggi Vivolo ha 45 anni, si è da poco trasferita dai 1.000 metri quadri di Bologna nel nuovo quartier generale di San Lazzaro di Savena da 10.000 metri quadrati. Investimento: 20 milioni di euro. Dispone di 100 macchinari, un magazzino da 200.000 metri quadri di pelli e una produzione di 8 milioni di pezzi l’anno. Il fatturato 2022 è stato di 15 milioni di euro, equamente distribuito tra Italia ed estero.

Un affare di famiglia

In azienda lavorano anche i figli: Salvatore, Eloise, Luciana e Matteo. “Siamo stati contattati da fondi importanti. Abbiamo risposto sempre picche. L’azienda continua a essere un affare di famiglia. Ora non mi cercano più” spiega Vivolo. Il core business è il patch che, applicato al prodotto finale, ne identifica il marchio. Un prodotto che Vivolo presenta sia ai clienti del lusso sia del fast fashion. “Il servizio è lo stesso, la materia prima no. Per i marchi del lusso utilizzo anche pellami che costano 150 euro al metro quadro, mentre per altri clienti costano 10 volte meno”.

Lusso e fast fashion

Secondo Vivolo una differenza sostanziale tra lusso e fast fashion è la tempistica. “Il lusso corre. I marchi ci sottopongono moltissimi progetti. Ci sono dei brand “vulcanici” che a fatica riusciamo a seguire con 4 persone dedicate. Nel fast fashion il progetto può durare uno o anche 2 anni”. Prospettive? “Credo che il lusso abbia più margini di crescita rispetto ai segmenti inferiori. Vedo che anche i brand del fast fashion vogliono cercare di elevare il posizionamento del prodotto e del marchio e, quindi, stanno andando verso l’alto”.

La pelle è al centro del business

“Il 90% dei nostri prodotti è in pelle. In base al cliente scegliamo il pellame. Le concerie da cui ci riforniamo sono tutte italiane” precisa Luciano Vivolo. “I cosiddetti materiali alternativi? Qualche anno fa c’erano molte richieste, ma oggi il fenomeno si sta sgonfiando e le richieste si sono affievolite. Oggi la pelle è al centro del business. Appena il 3-5% del nostro fatturato è realizzato con i materiali next gen”.

Reclutamento professionale

Luciano Vivolo impiega 80 dipendenti (85% donne) con prospettiva di arrivare oltre 100. “L’età media del nostro personale è di 28-30 anni per cui il ricambio generazionale non è un’emergenza. Ma le difficoltà nel reclutare ci sono, eccome! Abbiamo collaborato con l’Accademia di Belle Arti di Bologna per indire un concorso a nostro nome. Stiamo pensando di istituire una borsa di studio. Le scuole, e non le aziende, dovrebbero formare i ragazzi e servirebbero leggi per avviarli al lavoro”. Un problema più urgente è, invece, la contraffazione. “ Ci sono aziende che scopiazzano le mie idee e propongono il prodotto a un prezzo inferiore perché non sostengono costi di ricerca, sviluppo e creatività. Il cliente che non comprende questi sforzi non merita le mie attenzioni” conclude Vivolo. (mv)

Articolo pubblicato su La Conceria.